PROGETTO

Multiscale Characterisation of Healthy and Degenerated Intervertebral Disc – MultiDisc

1. Introduzione e obiettivi della ricerca

Il progetto MultiDisc è stato concepito con l’intento di approfondire, in modo sistematico e quantitativo, i meccanismi attraverso cui la degenerazione del disco intervertebrale altera il comportamento biomeccanico di questa struttura complessa e, di conseguenza, la stabilità dell’intero segmento vertebrale. Per affrontare tale sfida, la ricerca ha adottato un approccio multiscala che ha permesso di osservare il disco a differenti livelli gerarchici, dall’organo nel suo insieme fino alla microstruttura dei singoli tessuti.

In questo quadro, il primo obiettivo è stato quello di analizzare come l’invecchiamento e la degenerazione influenzino la risposta meccanica globale del disco, valutando parametri quali rigidezza, zona neutra, range of motion e distribuzione delle deformazioni sotto diverse condizioni di carico fisiologico e non fisiologico. Parallelamente, è stata condotta una caratterizzazione indipendente dei due principali elementi strutturali del disco, il nucleo polposo e l’anello fibroso, per comprenderne il deterioramento progressivo e il contributo specifico alla funzionalità dell’organo.

Infine, il progetto ha perseguito la creazione di un database multiscala senza precedenti, nel quale confluiscono dati di imaging clinico avanzato, misure meccaniche a livello d’organo e proprietà locali dei tessuti. Questo archivio integrato costituisce una risorsa fondamentale per correlare morfologia, microstruttura e funzione meccanica, ponendo le basi per modelli predittivi e applicazioni cliniche di nuova generazione.

2. Materiali e Metodi

2.1 Campione biologico e preparazione dei provini

Sono state ottenute 10 colonne vertebrali da donatori tramite programma di donazione etica, suddivise in due gruppi:

  • Donatori giovani → dischi intervertebrali sani

  • Donatori anziani → dischi intervertebrali con stato degenerativo avanzato

Da ciascuna colonna sono state isolate Functional Spine Units (FSU) composte da un disco intervertebrale e due vertebre adiacenti (Figura 1). Tutti i provini sono stati preparati rimuovendo tessuti molli e processi posteriori, in modo da isolare il comportamento del disco ed evitare fattori di confondimento.

3. Campagna di Imaging Clinico

Prima dei test meccanici, ogni provino è stato sottoposto ad una campagna di imaging multimodale comprendente:

3.1 Quantitative CT (qCT)

  • 120 kVp, 200 mA

  • Slice thickness: 0,5 mm

  • In-plane resolution: 0,45 mm

3.2 Risonanza Magnetica 3T

  • Sequenza Sagittale T2-weighted (Spin Echo)

    • Slice thickness = 3.5 mm

    • NeX = 3

    • Interslice gap = 0,3mm

  • Sequenza Assiale T2-weighted (Spin Echo)

    • Slice thickness = 3mm

    • NeX =2

    • Interslice gap =0,3mm

I provini sono stati scansionati immersi in soluzione fisiologica, così da preservarne l’idratazione e garantire condizioni meccaniche fisiologicamente realistiche (Figura 2). Le immagini sono state utilizzate per identificare la presenza di osteofiti o danni strutturali per eventuale esclusione del campione; definire quantitativamente il livello di degenerazione tramite scoring clinici e fornire parametri morfologici utili alla correlazione con i dati meccanici. Un’importante sfida tecnica ha riguardato l’adattamento dei protocolli MRI clinici agli ambienti ex vivo, risolta mediante una fase di ottimizzazione preliminare dei parametri di acquisizione (Figura 3).

4. Test Meccanici a Livello d’Organo

Ogni provino è stato sottoposto a un factorial design di prove meccaniche comprendente:

  • compressione assiale,

  • flessione / estensione,

  • bending laterale,

  • torsione.

Per ciascuna modalità sono state testate tre velocità di carico: lenta (0.1 Hz), fisiologica (1.0 Hz) e veloce (10 Hz), in modo da valutare la componente viscoelastica del disco.

4.1 Parametri misurati

Proprietà apparenti:

  • rigidezza

  • zona neutra

  • range of motion

Proprietà locali tramite Digital Image Correlation (DIC):

  • deformazioni principali massime e minime

  • direzioni delle deformazioni

  • mappe tridimensionali della distribuzione spaziale delle deformazioni

5. Caratterizzazione Meccanica a Livello di Tessuto

Dopo i test a livello d’organo, ciascun disco è stato sezionato trasversalmente per eseguire prove di indentazione locale sull’anello fibroso mediante microindentatore per tessuti molli.

La procedura di indentazione su tessuti molli prevede innanzitutto il prelievo e la preparazione del campione, che deve essere mantenuto costantemente idratato e fissato su un supporto rigido per evitarne lo scorrimento durante il test. L’indentatore viene quindi calibrato e posizionato perpendicolarmente alla superficie del tessuto, garantendo un allineamento micrometrico. Si applica un pre-carico minimo per stabilire il contatto, seguito da una fase di carico controllato a velocità costante fino alla profondità predefinita. Il sistema registra in continuo forza e spostamento, generando una curva carico-spostamento da cui vengono estratte le proprietà meccaniche locali. Al termine, l’indentatore viene scaricato in modo controllato per evitare artefatti legati al recupero viscoelastico.

6. Risultati

6.1 Risultati principali a livello d’organo

Rigidità

I dischi da donatori anziani hanno mostrato valori di rigidità superiori rispetto ai dischi giovani, per tutte e tre le velocità di carico (Figura 5):

  • +111% in compressione assiale

  • +102% in flessione

  • +94% in estensione

Nessuna differenza significativa è stata rilevata in torsione. Per le prove a flessione ed estensione, la prova veloce non è stata eseguita.

Deformazioni superficiali (DIC)

  • Deformazione massima media:

    • giovani: 5984 ± 290³ microstrain

    • adulti: 7070 ± 6007 microstrain

  • Deformazione minima media:

    • giovani: -8536 ± 5140 microstrain

    • adulti: -5918 ± 6497 microstrain

Nei dischi giovani, le direzioni delle deformazioni risultano omogenee e parallele, mentre nei dischi degenerati sono fortemente disomogenee, indicando una struttura compromessa e non più ottimizzata biomeccanicamente (Figura 6).

6.2 Risultati principali a livello di tessuto

Questa indagine ha reso possibile una caratterizzazione più fine dell’architettura meccanica dell’anello fibroso, mettendo in evidenza la presenza di regioni a differente rigidezza distribuite lungo la sua struttura laminare (Figura 7). L’eterogeneità rilevata a livello locale si è rivelata strettamente coerente con i pattern di deformazione osservati durante le prove a livello d’organo, suggerendo una relazione diretta tra microstruttura tissutale e risposta meccanica globale del disco.

Nel contesto dei dischi degenerati, tali evidenze assumono un significato ancor più rilevante: la progressiva perdita di idratazione e di materiale nel nucleo polposo – spesso tale da precluderne una quantificazione affidabile – determina uno spostamento del carico strutturale verso l’anello fibroso. Quest’ultimo, di conseguenza, emerge come il principale determinante della risposta biomeccanica del disco nelle fasi più avanzate del processo degenerativo.

6.3 Integrazione multiscala e dataset finale

Il progetto ha portato alla costruzione di un dataset di rilevanza unica nel panorama della biomeccanica del rachide, caratterizzato dall’integrazione sistematica di informazioni provenienti da livelli di analisi differenti ma complementari. Le acquisizioni di imaging quantitativo, ottenute mediante tomografia computerizzata e risonanza magnetica, offrono una descrizione dettagliata della morfologia del disco intervertebrale e dello stato di degenerazione dei suoi componenti. A queste si affiancano le misurazioni meccaniche effettuate a livello d’organo, che documentano la risposta del disco e delle vertebre adiacenti alle principali sollecitazioni fisiologiche. Infine, la caratterizzazione locale delle fibre dell’anello fibroso, condotta attraverso tecniche di microindentazione, fornisce una visione approfondita dell’eterogeneità strutturale e delle proprietà tissutali a scala microscopica.

La combinazione di tali livelli informativi consente di esplorare in modo senza precedenti le relazioni tra morfologia, microstruttura e funzione meccanica. Diviene così possibile correlare l’aspetto geometrico e strutturale derivato dall’imaging con le proprietà meccaniche locali dei tessuti e, a loro volta, con il comportamento globale del disco sotto carico. Questa visione integrata apre la strada a una caratterizzazione più precisa e predittiva della degenerazione discale, permettendo di individuare i meccanismi attraverso cui alterazioni tissutali localizzate si manifestano come modifiche macroscopiche della funzionalità dell’unità vertebrale.

Il patrimonio di dati generato costituisce una base solida per diverse linee di sviluppo future. Esso consente la definizione di leggi costitutive più accurate per alimentare modelli numerici del disco intervertebrale e favorisce la creazione di modelli predittivi digitali con potenziali applicazioni cliniche, ad esempio nella valutazione del rischio di cedimento vertebrale o nella pianificazione di interventi chirurgici. Inoltre, la capacità di collegare degenerazione discale e proprietà meccaniche permette di affinare l’identificazione del rischio associato a condizioni patologiche concomitanti, come metastasi vertebrali o osteoporosi, contribuendo così a una gestione clinica più informata e personalizzata.

7. Conclusioni

Il progetto MultiDisc ha permesso di acquisire una comprensione più profonda e quantitativamente fondata dei processi che guidano la degenerazione del disco intervertebrale, grazie a un approccio metodologico integrato che combina imaging clinico avanzato, sperimentazione biomeccanica e analisi multiscala dei tessuti. Questa strategia ha reso possibile osservare il disco in tutta la sua complessità, collegando le modificazioni strutturali rilevabili attraverso la diagnostica per immagini ai cambiamenti nella risposta meccanica dell’organo e alle alterazioni che insorgono a livello microstrutturale con l’avanzare dell’età e della degenerazione.

Nel corso del progetto sono stati raggiunti tutti gli obiettivi prefissati. È stato sviluppato un protocollo ottimizzato per l’imaging ex vivo, capace di restituire informazioni di elevata qualità e direttamente confrontabili con quelle acquisite in ambiente clinico. Parallelamente, è stato costruito un database multiscala che raccoglie in modo sistematico le proprietà meccaniche del disco intervertebrale, integrando misure a livello d’organo con dati derivati dall’analisi locale dei tessuti. Le indagini hanno inoltre evidenziato in modo chiaro le alterazioni biomeccaniche associate all’invecchiamento, contribuendo a definire come la degradazione tissutale si traduca in una modificazione della funzionalità globale del segmento vertebrale.

Un ulteriore risultato di rilievo è stato il consolidamento di una rete scientifica internazionale, che ha favorito nuove sinergie e aperto prospettive di collaborazione con gruppi di ricerca specializzati nella modellazione digitale, nella biomeccanica sperimentale e nelle applicazioni cliniche delle tecnologie predittive.

Nel loro insieme, i risultati ottenuti costituiscono una base robusta per sviluppi futuri nel campo della modellazione patient-specific del disco intervertebrale, nella valutazione clinica della degenerazione discale e nella progettazione di interventi terapeutici più mirati e personalizzati. Essi rappresentano un patrimonio scientifico e metodologico destinato a contribuire in modo significativo all’avanzamento delle conoscenze e al miglioramento della pratica clinica nel trattamento delle patologie del rachide.


1. Introduzione e obiettivi della ricerca

Il progetto MultiDisc è stato concepito con l’intento di approfondire, in modo sistematico e quantitativo, i meccanismi attraverso cui la degenerazione del disco intervertebrale altera il comportamento biomeccanico di questa struttura complessa e, di conseguenza, la stabilità dell’intero segmento vertebrale. Per affrontare tale sfida, la ricerca ha adottato un approccio multiscala che ha permesso di osservare il disco a differenti livelli gerarchici, dall’organo nel suo insieme fino alla microstruttura dei singoli tessuti.

In questo quadro, il primo obiettivo è stato quello di analizzare come l’invecchiamento e la degenerazione influenzino la risposta meccanica globale del disco, valutando parametri quali rigidezza, zona neutra, range of motion e distribuzione delle deformazioni sotto diverse condizioni di carico fisiologico e non fisiologico. Parallelamente, è stata condotta una caratterizzazione indipendente dei due principali elementi strutturali del disco, il nucleo polposo e l’anello fibroso, per comprenderne il deterioramento progressivo e il contributo specifico alla funzionalità dell’organo.

Infine, il progetto ha perseguito la creazione di un database multiscala senza precedenti, nel quale confluiscono dati di imaging clinico avanzato, misure meccaniche a livello d’organo e proprietà locali dei tessuti. Questo archivio integrato costituisce una risorsa fondamentale per correlare morfologia, microstruttura e funzione meccanica, ponendo le basi per modelli predittivi e applicazioni cliniche di nuova generazione.

2. Materiali e Metodi

2.1 Campione biologico e preparazione dei provini

Sono state ottenute 10 colonne vertebrali da donatori tramite programma di donazione etica, suddivise in due gruppi:

  • Donatori giovani → dischi intervertebrali sani

  • Donatori anziani → dischi intervertebrali con stato degenerativo avanzato

Da ciascuna colonna sono state isolate Functional Spine Units (FSU) composte da un disco intervertebrale e due vertebre adiacenti (Figura 1). Tutti i provini sono stati preparati rimuovendo tessuti molli e processi posteriori, in modo da isolare il comportamento del disco ed evitare fattori di confondimento.

3. Campagna di Imaging Clinico

Prima dei test meccanici, ogni provino è stato sottoposto ad una campagna di imaging multimodale comprendente:

3.1 Quantitative CT (qCT)

  • 120 kVp, 200 mA

  • Slice thickness: 0,5 mm

  • In-plane resolution: 0,45 mm

3.2 Risonanza Magnetica 3T

  • Sequenza Sagittale T2-weighted (Spin Echo)

    • Slice thickness = 3.5 mm

    • NeX = 3

    • Interslice gap = 0,3mm

  • Sequenza Assiale T2-weighted (Spin Echo)

    • Slice thickness = 3mm

    • NeX =2

    • Interslice gap =0,3mm

I provini sono stati scansionati immersi in soluzione fisiologica, così da preservarne l’idratazione e garantire condizioni meccaniche fisiologicamente realistiche (Figura 2). Le immagini sono state utilizzate per identificare la presenza di osteofiti o danni strutturali per eventuale esclusione del campione; definire quantitativamente il livello di degenerazione tramite scoring clinici e fornire parametri morfologici utili alla correlazione con i dati meccanici. Un’importante sfida tecnica ha riguardato l’adattamento dei protocolli MRI clinici agli ambienti ex vivo, risolta mediante una fase di ottimizzazione preliminare dei parametri di acquisizione (Figura 3).

4. Test Meccanici a Livello d’Organo

Ogni provino è stato sottoposto a un factorial design di prove meccaniche comprendente:

  • compressione assiale,

  • flessione / estensione,

  • bending laterale,

  • torsione.

Per ciascuna modalità sono state testate tre velocità di carico: lenta (0.1 Hz), fisiologica (1.0 Hz) e veloce (10 Hz), in modo da valutare la componente viscoelastica del disco.

4.1 Parametri misurati

Proprietà apparenti:

  • rigidezza

  • zona neutra

  • range of motion

Proprietà locali tramite Digital Image Correlation (DIC):

  • deformazioni principali massime e minime

  • direzioni delle deformazioni

  • mappe tridimensionali della distribuzione spaziale delle deformazioni

5. Caratterizzazione Meccanica a Livello di Tessuto

Dopo i test a livello d’organo, ciascun disco è stato sezionato trasversalmente per eseguire prove di indentazione locale sull’anello fibroso mediante microindentatore per tessuti molli.

La procedura di indentazione su tessuti molli prevede innanzitutto il prelievo e la preparazione del campione, che deve essere mantenuto costantemente idratato e fissato su un supporto rigido per evitarne lo scorrimento durante il test. L’indentatore viene quindi calibrato e posizionato perpendicolarmente alla superficie del tessuto, garantendo un allineamento micrometrico. Si applica un pre-carico minimo per stabilire il contatto, seguito da una fase di carico controllato a velocità costante fino alla profondità predefinita. Il sistema registra in continuo forza e spostamento, generando una curva carico-spostamento da cui vengono estratte le proprietà meccaniche locali. Al termine, l’indentatore viene scaricato in modo controllato per evitare artefatti legati al recupero viscoelastico.

6. Risultati

6.1 Risultati principali a livello d’organo

Rigidità

I dischi da donatori anziani hanno mostrato valori di rigidità superiori rispetto ai dischi giovani, per tutte e tre le velocità di carico (Figura 5):

  • +111% in compressione assiale

  • +102% in flessione

  • +94% in estensione

Nessuna differenza significativa è stata rilevata in torsione. Per le prove a flessione ed estensione, la prova veloce non è stata eseguita.

Deformazioni superficiali (DIC)

  • Deformazione massima media:

    • giovani: 5984 ± 290³ microstrain

    • adulti: 7070 ± 6007 microstrain

  • Deformazione minima media:

    • giovani: -8536 ± 5140 microstrain

    • adulti: -5918 ± 6497 microstrain

Nei dischi giovani, le direzioni delle deformazioni risultano omogenee e parallele, mentre nei dischi degenerati sono fortemente disomogenee, indicando una struttura compromessa e non più ottimizzata biomeccanicamente (Figura 6).

6.2 Risultati principali a livello di tessuto

Questa indagine ha reso possibile una caratterizzazione più fine dell’architettura meccanica dell’anello fibroso, mettendo in evidenza la presenza di regioni a differente rigidezza distribuite lungo la sua struttura laminare (Figura 7). L’eterogeneità rilevata a livello locale si è rivelata strettamente coerente con i pattern di deformazione osservati durante le prove a livello d’organo, suggerendo una relazione diretta tra microstruttura tissutale e risposta meccanica globale del disco.

Nel contesto dei dischi degenerati, tali evidenze assumono un significato ancor più rilevante: la progressiva perdita di idratazione e di materiale nel nucleo polposo – spesso tale da precluderne una quantificazione affidabile – determina uno spostamento del carico strutturale verso l’anello fibroso. Quest’ultimo, di conseguenza, emerge come il principale determinante della risposta biomeccanica del disco nelle fasi più avanzate del processo degenerativo.

6.3 Integrazione multiscala e dataset finale

Il progetto ha portato alla costruzione di un dataset di rilevanza unica nel panorama della biomeccanica del rachide, caratterizzato dall’integrazione sistematica di informazioni provenienti da livelli di analisi differenti ma complementari. Le acquisizioni di imaging quantitativo, ottenute mediante tomografia computerizzata e risonanza magnetica, offrono una descrizione dettagliata della morfologia del disco intervertebrale e dello stato di degenerazione dei suoi componenti. A queste si affiancano le misurazioni meccaniche effettuate a livello d’organo, che documentano la risposta del disco e delle vertebre adiacenti alle principali sollecitazioni fisiologiche. Infine, la caratterizzazione locale delle fibre dell’anello fibroso, condotta attraverso tecniche di microindentazione, fornisce una visione approfondita dell’eterogeneità strutturale e delle proprietà tissutali a scala microscopica.

La combinazione di tali livelli informativi consente di esplorare in modo senza precedenti le relazioni tra morfologia, microstruttura e funzione meccanica. Diviene così possibile correlare l’aspetto geometrico e strutturale derivato dall’imaging con le proprietà meccaniche locali dei tessuti e, a loro volta, con il comportamento globale del disco sotto carico. Questa visione integrata apre la strada a una caratterizzazione più precisa e predittiva della degenerazione discale, permettendo di individuare i meccanismi attraverso cui alterazioni tissutali localizzate si manifestano come modifiche macroscopiche della funzionalità dell’unità vertebrale.

Il patrimonio di dati generato costituisce una base solida per diverse linee di sviluppo future. Esso consente la definizione di leggi costitutive più accurate per alimentare modelli numerici del disco intervertebrale e favorisce la creazione di modelli predittivi digitali con potenziali applicazioni cliniche, ad esempio nella valutazione del rischio di cedimento vertebrale o nella pianificazione di interventi chirurgici. Inoltre, la capacità di collegare degenerazione discale e proprietà meccaniche permette di affinare l’identificazione del rischio associato a condizioni patologiche concomitanti, come metastasi vertebrali o osteoporosi, contribuendo così a una gestione clinica più informata e personalizzata.

7. Conclusioni

Il progetto MultiDisc ha permesso di acquisire una comprensione più profonda e quantitativamente fondata dei processi che guidano la degenerazione del disco intervertebrale, grazie a un approccio metodologico integrato che combina imaging clinico avanzato, sperimentazione biomeccanica e analisi multiscala dei tessuti. Questa strategia ha reso possibile osservare il disco in tutta la sua complessità, collegando le modificazioni strutturali rilevabili attraverso la diagnostica per immagini ai cambiamenti nella risposta meccanica dell’organo e alle alterazioni che insorgono a livello microstrutturale con l’avanzare dell’età e della degenerazione.

Nel corso del progetto sono stati raggiunti tutti gli obiettivi prefissati. È stato sviluppato un protocollo ottimizzato per l’imaging ex vivo, capace di restituire informazioni di elevata qualità e direttamente confrontabili con quelle acquisite in ambiente clinico. Parallelamente, è stato costruito un database multiscala che raccoglie in modo sistematico le proprietà meccaniche del disco intervertebrale, integrando misure a livello d’organo con dati derivati dall’analisi locale dei tessuti. Le indagini hanno inoltre evidenziato in modo chiaro le alterazioni biomeccaniche associate all’invecchiamento, contribuendo a definire come la degradazione tissutale si traduca in una modificazione della funzionalità globale del segmento vertebrale.

Un ulteriore risultato di rilievo è stato il consolidamento di una rete scientifica internazionale, che ha favorito nuove sinergie e aperto prospettive di collaborazione con gruppi di ricerca specializzati nella modellazione digitale, nella biomeccanica sperimentale e nelle applicazioni cliniche delle tecnologie predittive.

Nel loro insieme, i risultati ottenuti costituiscono una base robusta per sviluppi futuri nel campo della modellazione patient-specific del disco intervertebrale, nella valutazione clinica della degenerazione discale e nella progettazione di interventi terapeutici più mirati e personalizzati. Essi rappresentano un patrimonio scientifico e metodologico destinato a contribuire in modo significativo all’avanzamento delle conoscenze e al miglioramento della pratica clinica nel trattamento delle patologie del rachide.