Storia

I Monti di Pietà: le origini

di Maria Giuseppina Muzzarelli

Il primo Monte di Pietà è stato fondato a Perugia nel 1462 e i primi Monti sono stati in generale creati in Umbria e nelle Marche, in città di medie e piccole dimensioni, là dunque dove era forte la necessità di credito, scarsa la risposta di operatori cristiani a tale necessità e dunque ben visibile la presenza e la operatività ebraica. I Francescani, Minori Osservanti, che hanno ideato e diffuso questa istituzione, hanno assunto come modello operativo il banco ebraico e inteso sostituire a esso un istituto che operasse con fini solidaristici e senza scopo di lucro. Alcuni Monti chiesero fin dalle origini un rimborso delle spese (richiedevano un interesse pari circa al 5%), ma incontrarono difficoltà giacché fra i sostenitori dei Monti erano molti coloro che temevano che tale pur moderata richiesta fosse usuraria. Bernardino da Feltre, uno dei più capaci fondatori e sostenitori di Monti di Pietà, difese invece strenuamente la linea che voleva istituire Monti in grado di operare senza intaccare il capitale iniziale e caratterizzata da un modo di procedere razionale. La razionalità richiedeva anche un piccolo rimborso delle spese. A partire dal 1515 tutti i Monti assunsero questa linea di comportamento.

I Monti non prestavano a chiunque e non anticipavano qualsiasi somma: accettavano come clienti solo i residenti o chi abitava in alcune località delle vicinanze indicate negli Statuti e a essi consegnavano solo somme di entità piuttosto modesta che i clienti dovevano giurare di prendere per propria necessità e per usi moralmente ineccepibili. Per raccogliere il capitale iniziale venivano promosse, dopo prediche volte a motivare alla creazione dell’istituto, suggestive processioni alla fine delle quali tutti venivano chiamati a contribuire alla iniziativa. Spesso i Signori non si mostrarono favorevolissimi alla fondazione di un Monte giacché erano più che soddisfatti dei servizi dei banchieri ebrei, ma in generale finirono con l’accogliere l’idea della creazione di un simile istituto che rappresentava per molti versi una rottura con il passato. La rottura consisteva principalmente nell’affrontare direttamente, senza cioè delegare i non cristiani e senza infingimenti, i problemi del credito con finalità solidaristiche, ma anche adottando modalità parabancarie. In alcune città la creazione di un Monte di Pietà portò alla cessazione della relazione con i prestatori ebrei. In genere Monte e banco operarono fianco a fianco rivolgendo i loro servizi a clientele differenziate. Si registrano in molte città casi di collaborazione fra i due istituti.

 

I Monti di Pietà in età Moderna

di Massimo Fornasari

L’evoluzione dei Monti di Pietà in età moderna seguì linee originali, riconducibili alla diversità degli ambiti istituzionali ed economici in cui essi si trovarono a operare. Sebbene il tentativo di giungere alla determinazione di un unico modello organizzativo e gestionale sembri pertanto destinato a essere frustrato, è possibile indicare alcune linee comuni nell’evoluzione di tali istituti.

A partire dagli anni della Controriforma, quasi ovunque in Italia si giunse anzitutto a una ridefinizione del loro funzionamento, o attraverso la creazione di nuovi Monti accanto a quelli già operanti, oppure attraverso l’aggiornamento delle norme statutarie, nell’intento di renderli più efficienti nel perseguire i loro scopi istituzionali.

Accanto a tale tendenza se ne sviluppò un’altra in base alla quale i Monti affiancarono all’attività di prestito su pegno altre importanti funzioni, che in certi casi li trasformarono in organismi centrali della politica economica cittadina. Dal lato della raccolta i Monti di Pietà iniziarono ad accettare i depositi giudiziali e volontari, remunerati con un interesse, e in alcuni casi ad accendere censi passivi con privati; dal lato dell’attivo assai frequentemente concedevano prestiti alle magistrature cittadine, che dovevano fronteggiare spese straordinarie in occasione per esempio di crisi alimentari o di passaggi di truppe; accendevano mutui ipotecari con privati; dispensavano doti a fanciulle povere; svolgevano funzioni di tesoreria per conto degli istituti assistenziali operanti nella comunità.

Anche per tali motivi il governo dei Monti era ambito dai patriziati locali e in più di una circostanza gli ufficiali preposti al loro controllo si macchiarono di abusi amministrativi e illeciti finanziari. Frequenti furono inoltre le dispute giurisdizionali che opposero i loro dirigenti e amministratori ai Vescovi, cui spettava, secondo i canoni del Concilio di Trento, la supervisione dell’istituto. Si trattava di sviluppi che ne testimoniavano la vitalità e ne scandirono l’evoluzione verso un modello di vero e proprio “banco pubblico”.

Questa evoluzione fu interrotta quasi ovunque in Italia dall’arrivo, nell’estate del 1796, dei Francesi che informati delle ricchezze contenute nei loro forzieri li spoliarono “per diritto di conquista”. La successiva, rapida ricostituzione dei Monti, se rappresenta la testimonianza più eloquente della loro indispensabile funzione di erogatori di prestito al consumo a miti tassi di interesse, non consentì tuttavia di riportarli alla complessità istituzionale assunta per gran parte dell’età moderna.

 

I Monti di Pietà tra Otto e Novecento

di Massimo Fornasari

La “spoliazione napoleonica” rappresentò per la quasi totalità dei Monti di Pietà della penisola una formidabile e drammatica cesura nella loro plurisecolare evoluzione.

Da un punto di vista funzionale essi non furono più in grado di recuperare la complessità di compiti che erano venuti svolgendo in età moderna; da un punto di vista istituzionale essi persero l’autonomia amministrativa, venendo raggruppati nelle Congregazioni di carità napoleoniche, istituite con un provvedimento del 1807. Questo provvedimento doveva in realtà risultare temporaneo, perché nel corso della successiva età della Restaurazione i Monti di Pietà riacquistarono quasi ovunque l’autonomia: segno inequivocabile che la loro azione, per quanto ridotta quasi esclusivamente all’esercizio del credito pignoratizio, non veniva percepita alla stregua di un intervento meramente assistenziale.

Ma nel corso del primo Ottocento nuovi e potenti concorrenti si affacciarono sul mercato del credito: tra essi un ruolo di rilievo, per la forte carica etica che ne animava l’originaria ispirazione, fu assunto dalle Casse di Risparmio, le quali propugnavano valori di previdenza e educazione al risparmio in parte ereditati dagli stessi Monti di Pietà, con i quali condividevano la lotta all’usura.

Fu forse per effetto di questi mutamenti che dopo l’Unificazione i Monti di Pietà vennero assimilati a enti assistenziali, disciplinati dalla legge del 1862 sulle Opere pie, e nuovamente concentrati nelle Congregazioni di Carità previste dalla normativa sull’assistenza del nuovo Regno. A questo stato di cose cercarono di reagire gli amministratori dei principali Monti di Pietà, i quali dettero vita a un vero e proprio gruppo di pressione che, costituitosi in Associazione, portò, nel 1898, all’approvazione di un provvedimento che riconosceva la loro duplice natura di istituti di beneficenza e di credito.

Tale provvedimento ne rilanciò in parte le attività di raccolta e di prestito, costituendo la premessa necessaria per i due successivi atti legislativi approvati tra le due guerre: il primo, del 1923, operò una distinzione tra i Monti di prima e seconda categoria, attribuendo ai primi la natura di istituti di credito e assimilandoli alle Casse di Risparmio; il secondo, risalente al 1938, ribattezzò i Monti di Pietà col termine di Monti di credito su pegno, e provvide a disciplinare l’attività di quelli di seconda categoria. In questo modo la storia dei Monti di Pietà si rinnovava e, almeno in parte, si adeguava alle mutate condizioni economiche e sociali del nostro paese.

 

Monti in Emilia-Romagna

a cura di Mauro Carboni

In Emilia-Romagna si riscontra una diffusione capillare di Monti di Pietà e di Monti frumentari, la cui presenza è complessivamente attestata in 92 località. A differenza dei Monti di Pietà, che concedevano piccoli prestiti su pegno a tasso moderato, i Monti frumentari concedevano anticipi di cereali e/o di farina (talora anche di farina di castagno) ai bisognosi. I primi risultano più diffusi nelle comunità di medie e grandi dimensioni mentre i secondi sono più frequenti nei piccoli centri e nelle comunità rurali.

La diffusione dei Monti di Pietà è avvenuta nell’area emiliano-romagnola a partire dagli anni Settanta del Quattrocento, con la fondazione dei Monti di Pietà a Montefiore Conca (1471) e a Bologna (1473). Fra 1473 e 1512 la fondazione dei Monti di Pietà ha investito tutti i principali centri della regione, per poi estendersi a gran parte delle comunità minori nel corso del Cinquecento e del Seicento. Più lenta è stata invece la fortuna dei Monti frumentari che hanno spesso conosciuto una diffusione tardiva, con molte fondazioni concentrate nel corso del Settecento e dell’Ottocento. Nel complesso sono 92 le località della regione che risultano aver ospitato Monti di Pietà e/o Monti frumentari. I Monti di Pietà sono documentati in 68 località, mentre la presenza di Monti frumentari è attestata in 46. In 24 località risultano presenti entrambi gli istituti.

All’ubiquità di queste istituzioni non corrisponde un corredo di studi e di conoscenze altrettanto capillari. Se si escludono i Monti delle comunità maggiori, di molti istituti non abbiamo che notizie frammentarie. Spesso si trovano sintetiche informazioni sulla fondazione, ma poco o nulla risulta del concreto operare dei singoli enti e del rapporto con il contesto economico e sociale in cui erano inseriti. In altri casi è documentata l’esistenza ma tutto il resto rimane incerto. Per diversi Monti non si hanno neppure notizie precise sul periodo di effettiva operatività e sulla consistenza del patrimonio archivistico.

La frammentazione politica e amministrativa che ha caratterizzato la nostra regione fino al 1860 ha reso più difficoltosa la ricostruzione di un quadro esaustivo. Il censimento con schede storico-bibliografiche e archivistiche presentato al link è basato prevalentemente su informazioni desunte da saggi e monografie dedicate ai Monti, da studi di erudizione locale, da dizionari corografici e da statistiche delle Opere Pie e dei Monti di Pietà redatte fra il 1861 e il 1896, nonché sulle notizie ricavabali dai database archivistici nazionali e delle Soprintendenze archivistiche.