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Supplici a Portopalo

Sulla costa siciliana, divenuta frontiera delle rotte della disperazione del Mediterraneo, un coinvolgente racconto teatrale, basato sul dramma Le Supplici di Eschilo, che mette in scena la difficile decisione della città di fronte alla richiesta di asilo di chi fugge dalla guerra, dalla fame, dalla carestia. La spietata logica del respingimento di chi si presenta supplice, alle porte della città, a chiedere aiuto è deprecabile e inaccettabile per le leggi non scritte del codice etico della gente di mare, ma anche per la sensibilità di una comunità civile. Ma non basta la carità, non basta la pietà: solo la dimensione politica insegna già Eschilo 2500 anni fa può affrontare e risolvere positivamente, nel segno del bene comune, la difficoltà di migranti e cittadini.

Eschilo compone le Supplici intorno al 460 a.C.: il racconto inizia con lo sbarco di un gruppo di migranti in fuga dall’Egitto, giunti a chiedere asilo in Grecia al re della città, e si conclude con la decisione dell’intera città greca di accogliere gli esuli in nome dei diritti sacri dell’ospitalità.

Portopalo è una città di frontiera sulla punta estrema della Sicilia, un piccolo paese che vive quotidianamente la realtà degli sbarchi e il problema dell’accoglienza, in cui una piccola comunità di pescatori e di contadini è costretta a misurarsi con una legislazione ambigua, a fare i conti con norme restrittive e violente che non fanno parte del codice tradizionale delle genti di mare. Portopalo è lo scenario su cui le parole antiche di Eschilo e i racconti dei migranti del nostro tempo acquistano una nuova vitalità.

Qual è il ruolo del teatro oggi? Può una tragedia di Eschilo, un’opera di 2500 anni fa raccontare il nostro presente? Quante Portopalo ci sono in Europa? E quanto a lungo può continuare questo racconto? La costruzione del testo teatrale, nella quale è stata coinvolta anche la comunità di Portopalo, intesse il filo principale della trama di Supplici con altri frammenti di tragedie eschilee e con racconti tratti dalle testimonianze dei migranti: in evidenza come il tema dell’immigrazione e dell’accoglienza implichi una riflessione sulle basi stesse della nostra convivenza civile.

Così il racconto teatrale si fa orazione civile e riflessione collettiva. Il teatro recupera la funzione originaria che aveva nell’Atene del V secolo a.C. Oggi come allora, il teatro ha senso soltanto se ‘ricorda’ il suo originario ruolo politico.

Interprete del racconto teatrale diretto e condotto in scena da Gabriele Vacis è Vincenzo Pirrotta, con all’attivo importanti ruoli nel teatro classico. Ideazione e drammaturgia di Monica Centanni.